Comporre un portafoglio con una moltitudine di differenti strumenti finanziari è l’operazione comunemente definita “diversificazione di portafoglio”; bisogna però tenere in considerazione che i mercati finanziari occidentali sono molto correlati tra loro e, oltretutto, non in modo costante. Questo fattore porta ad una riduzione dell’effetto benefico della diversificazione. Il team di The Sigma Squared ha analizzato la dinamica di questo fenomeno verificando, inoltre, l’impatto che eventi economici importanti possono avere su di esso.
PREMESSA
Per i lettori più esperti, che hanno già chiaro il concetto di correlazione e diversificazione, si consiglia di passare direttamente al paragrafo “CORRELAZIONE TRA INDICI DI MERCATO”.
Per i meno esperti, partiremo dalle basi:
RISCHIO AZIONARIO
Per comprendere appieno l’efficacia che la diversificazione ha sulla riduzione dei rischi, possiamo provare ad approcciare il problema con un semplice esempio: supponiamo di avere un capitale di €1000 da investire. Consideriamo inoltre un titolo quotato su New York come Netflix, ad esempio; titolo che ha in media buoni rendimenti ed un trend tendenzialmente rialzista (grafico 01).
Considerando il dataset dei rendimenti storici degli ultimi 5 anni, possiamo calcolare il rendimento medio mensile che risulta essere +2.5% . Utilzzando un approccio semplificato al massimo, possiamo considerare questo valore come il nostro rendimento atteso per il mese successivo. Non avendo però certezza del risultato, potremmo interpretare questa previsione come una variabile stocastica, cioè una variabile che si trascinerà dietro un errore e che quindi si realizzerà passando per un processo probabilistico che avrà una propria dispersione. Se poi, il meccanismo probabilistico considerato è di tipo Normale (cioè segue una distribuzione Gaussiana) allora potremo dire che in 68 casi su 100, il rendimento effettivo che si realizzerà sarà pari al rendimento atteso +/- la sua deviazione standard.
Considerando la serie storica mensile nello stesso periodo, possiamo scoprire che ha una deviazione standard campionaria del 16%. Concludiamo quindi che investendo tutto il nostro capitale in questo titolo, la nostra aspettativa di fine periodo sarà un rendimento atteso che nella maggior parte dei casi sarà tra 18.5% e -13.5% , cioè 2.5% +/- 16% .
Questo significa che il nostro investimento di € 1000, dopo un mese, potrà restituirci un risultato che va da + € 185 a – € 135 (in 68 casi su 100 secondo una Normale).
Possiamo anche traslare il problema in termini di rendimenti settimanali: in questo caso il rendimento avrebbe un valore medio di circa 0.63% +/- 8% (Grafico 02).
Tralasciando il fatto che la distribuzione reale rappresentata attraverso l’istogramma del Grafico 02 non combacia esattamente con la sua relativa normale, possiamo considerare la volatilità come una misura del rischio del nostro investimento. In altre parole, con una certa probabilità, possiamo dire che l’ampiezza della finestra di dispersione del valore finale di rendimento di Netflix, rispetto al valore che ci attendiamo, è rappresentata dalla sua volatilità intesa come deviazione standard.
Data questa definizione è facile comprendere che, se pur il rendimento atteso di Netflix è in media positivo, il suo range di oscillazione è così ampio che c’è una buona probabilità di finire il mese (o la settimana) di investimento con un rendimento negativo.
Ma non solo: tutto questo ci dice anche che esiste la possibilità che possa succedere qualcosa di molto peggio, portando il nostro investimento a perdite fino a 5 volte la deviazione standard, quindi per valori intorno al -40% in una sola settimana.
É quindi facilmente intuibile il grande problema che comporta la mancanza di diversificazione.
RENDIMENTO E VARIANZA DI PORTAFOGLIO
Per comprendere meglio il problema è utile analizzare le formule utilizzate per il calcolo di questi parametri che sono semplici regole prese in prestito dalla statistica.
Il rendimento di portafoglio è definito come:
Dove:
E che quindi, nel caso di un portafoglio con soli due titoli, la formula sarà data semplicemente da:
La Varianza di portafoglio, invece, è definita come:
Dove:
E nel nostro caso, con due soli titoli, la formula si semplificherà come segue:
Dove:
Si noti ora che la formula della varianza è formata da tre componenti: le prime due formano una media ponderata delle varianze dei singoli titoli; invece, la terza, è una componente aggiuntiva che dipende dalla loro correlazione ρ(Rho). Essendo ρ un numero compreso tra -1 e 1, la terza componente potrà essere negativa o positiva proprio in funzione di essa. Nel caso in cui non fossero per nulla correlati, ρ=0 e quindi la terza componente sarebbe uguale a zero.
Questo è il punto chiave della diversificazione.
DIVERSIFICAZIONE: UN ESEMPIO PRATICO
Pensiamo ora di investire il nostro capitale non su un solo titolo ma su due diversi, diciamo lo stesso ammontare: € 500 in Netflix e € 500 in Amazon.
Innanzitutto, possiamo ricavare il rendimento settimanale atteso di Amazon con lo stesso approccio utilizzato per Netflix, riscontrando un valore di 0.52% +/- 5.17% ed infine possiamo calcolarci il rendimento di portafoglio e la rispettiva deviazione standard che interpreteremo come il rischio che il nostro investimento dovrà sopportare.
Partendo quindi dai dati campionari dei rendimenti settimanali:
E(r) | σ | |
Netflix | 0,63% | 7,99% |
Amazon | 0,52% | 5,17% |
E considerando di dividere al 50% il portafoglio, quindi assegnando lo stesso peso ad entrambi i titoli così da ottenere xNetflix = xAmazon=0.5 , possiamo calcolare il rendimento atteso di portafoglio come:
Invece, per la varianza di portafoglio, ipotizzando che i titoli non siano correlati (ρ=0) , avremo che:
Quindi la deviazione standard di portafoglio sarà:
Che è un numero più piccolo di entrambe le deviazioni standard dei due titoli presi singolarmente; questo significa, che dividere il proprio capitale in due parti uguali da investire in due titoli diversi, riduce il rischio che avremmo investendo tutto il nostro capitale in un unico titolo.
CORRELAZIONE TRA TITOLI: UN CASO REALE
Difficilmente la correlazione è uguale a zero nei casi reali, soprattutto se parliamo di due titoli all’interno dello stesso mercato. Vediamo quindi il caso reale: riprendendo l’esempio precedente ed andando a calcolare la correlazione tra i due titoli troviamo un ρN , A= 0.37 , cioè una correlazione positiva di media entità.
Ricalcoliamo quindi la deviazione standard di portafoglio con il Rho reale:
Il risultato è 5.50% , che è un valore più basso di quello di Netflix ma più alto di quello di Amazon.
SHARPE RATIO
Per avere un metro di paragone e poter quindi confrontare i diversi investimenti della nostra analisi, possiamo ricorrere all’indice di Sharpe: consideriamo l’extra rendimento atteso come il beneficio dato dall’operazione; il costo dell’operazione, invece, sarà rappresentato dal rischio che dobbiamo sopportare.
Con un Risk free = 0 (abbastanza verosimile negli ultimi anni) possiamo definire lo Sharpe Ratio come:
Questo rapporto ci indica la quantità di rendimento che il nostro portafoglio può generare per ogni unità di rischio.
La Tabella n°2 mette a confronto i vari portafogli, partendo da quelli composti da un solo titolo fino ad arrivare a quelli con equiponderazione tra i due (con e senza correlazione).
E(r) | σ | SR | |
Netflix | 0,63% | 7,99% | 0.078 |
Amazon | 0,52% | 5,17% | 0.102 |
Portfolio ρ = 0 | 0,58% | 4,76% | 0.121 |
Portfolio ρ = 0.37 | 0,58% | 5,50% | 0.105 |
Come si può notare, lo SR del portafoglio che presenta diversificazione con ρ=0 è molto più alto di qualsiasi altro. Questo significa che il rendimento generato al costo di ogni unità di rischio è il più alto possibile. In parole povere, più alto è lo Sharpe Ratio e meglio sarà.
Ma il suo valore si riduce notevolmente, finendo di poco superiore a quello di Amazon, nel momento in cui si prende in considerazione la correlazione reale tra i due titoli.
Questo mostra chiaramente quanto deleteria per la diversificazione possa essere la correlazione.
CORRELAZIONE TRA INDICI DI MERCATO
Avendo chiaro quanto la correlazione tra titoli possa agire in senso contrario al potere benefico della diversificazione, possiamo iniziare l’analisi di questo problema sugl’indici di mercato.
Il grafico 03 illustra la dinamica della correlazione dell’ S&P500 contro gli altri indici di mercato in una finestra di 52 settimane. L’evoluzione mostrata è rappresentativa degli ultimi 20 anni circa.
Tralasciando il Giappone, che ha un andamento piuttosto incostante, gli altri indici di mercato risultano avere un’alta correlazione con l’indice Americano.
Concentrando l’attenzione sugli ultimi 5 anni possiamo osservare meglio questo fenomeno (Grafico 04).
Nel Grafico 04 viene messo in evidenza in rosso il periodo dell’amministrazione Trump, iniziando dal periodo elettorale fino all’arrivo della pandemia. Quest’ultima, invece, è evidenziata in verde. In questo grafico spuntano i minimi ed i massimi delle correlazioni dinamiche, associati ai due periodi storici di maggior rielievo: i minimi di correlazione raggiunti con la guerra commerciale; i massimi di correlazione raggiunti con la pandemia.
Il rallentamento della globalizzazione indotto dalle politiche estere Americane, ha di fatto reso più sconnesse le economie (per quanto possibile) e questo potrebbe essere un elemento di riduzione delle correlazioni tra mercati. Il Covid-19, invece, ha avuto effetto contrario, portando le correlazioni tra i mercati azionari ad uno dei suoi picchi massimi (argomento che viene affrontato dettagliatamente nell’articolo “La correlazione ai tempi del Covid-19”).
Quindi, per quanto assurdo possa sembrare, Trump stava conducendo politiche che avevano un effetto benefico sulla diversificazione, portando le correlazioni tra indici di mercato ai loro minimi da 10 anni. Questo ha concesso un potere incredibile alle gestioni di portafoglio in termini di riduzione del rischio. Ma come un elastico, due anni dopo siamo passati da correlazioni di mercato nell’ordine dello 0.2 – 0.4 a sfiorare quasi l’unità con l’avvento della pandemia.
Ma la parte più interessante sta arrivando in questo momento, con le correlazioni che da qualche mese sembrano essersi stabilizzate (Grafico 05).
Come possiamo giustificare quest’alta e costante correlazione nata nel 2020? Potrebbe essere dovuta alle colossali iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali che, acquistando titoli di ogni genere, hanno come anestetizzato il mercato?
CONCLUSIONI
L’analisi eseguita sulla correlazione tra indici di mercato ci ha portato ad evidenziare una situazione attuale di dinamiche che abbiamo definito “anestetizzate” tra S&P 500 e gli altri principali indici occidentali. Mai come ora le correlazioni navigano su terreni costanti e questo, da un lato, può aiutarci a definire in anticipo aspettative in termini di diversificazione di portafoglio; dall’altro, però, valori alti e positivi delle correlazioni, giocano in senso contrario, trasformando diversi mercati in qualcosa di simile ad un complesso unico, un unico grande mercato, riducendo i benefici della diversificazione.
La nostra analisi ci ha portato inoltre ad evidenziare quanto un cigno nero come una pandemia possa vanificare gli effetti della diversificazione, e come politiche estere che separano gli stati gli uni dagli altri possano in realtà avere un effetto benefico su di essa.
Chiudiamo con un punto interrogativo sulla causa dell’appiattimento delle correlazioni dinamiche attuali, sperando di aprire un dibattito con i nostri lettori.