La crisi energetica del 2021

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Il prezzo delle risorse energetiche continua a salire. Il mondo è a corto di energia?
la crisi energetica 2021

Indice

La Crisi energetica sta mettendo in ginocchio molte imprese asiatiche, Cina in primis. In Europa la carenza di Gas naturale sta facendo lievitare le bollette. In Inghilterra le pompe di benzina sono “out of service”. Ma cosa sta succedendo davvero? Quali sono le cause? Il mondo è davvero a corto di energia? 

Il team di The Sigma Squared ha fatto un’analisi dettagliata del problema al fine di studiare l’interconnessione tra questi eventi, cercando di comprendere quali saranno le dirette conseguenze sui mercati finanziari.

COSA CI HA PORTATO ALLA CRISI ENERGETICA

Settembre è stato un mese complicato per la Cina: la ripresa economica post-lockdown degli stati occidentali spinta dalle politiche ultra espansive delle banche centrali, ha generato una domanda sempre più forte; lo possiamo vedere dall’inflazione, in crescita in ogni parte del mondo.

La Cina è il primo anello della catena di valore mondiale: un’enorme quantità di manufatti di differenti settori (tessile, informatico, elettronico ecc…) vengono realizzati in questo paese per poi alimentare i mercati globali. Dovremmo pensare alla Cina come il principale fornitore dell’Occidente. Ma non solo: anche la domanda interna cinese è in crescita e si somma a quella occidentale.

Quindi da una parte abbiamo una domanda di forniture che cresce esponenzialmente e dall’altra un’industria che ha subito un forte rallentamento dovuto al lockdown da Covid-19, con chiusure, limitazioni operative per i problemi sanitari, perdite di personale e che si trova all’improvviso a dover far fronte ad una richiesta di beni e servizi maggiore del periodo pre-covid.

Risultato: carenza dei semiconduttori, rallentamento delle produzioni, scarsità dei prodotti e prezzi che salgono.

Ma siamo abituati ormai a queste situazioni “zero-cento” che ogni tanto spuntano all’improvviso: il 2009 ci ha insegnato la “lean production”, più reattiva, capace di reagire a richieste improvvise, con una programmazione industriale di breve periodo, quello che potremmo chiamare il modo di operare a “zero magazzino”. Quindi, di fatto, abbiamo un mondo più reattivo e preparato ad affrontare una situazione del genere.

Infatti, a parte alcuni settori molto specializzati (vedi appunto quello dei semiconduttori di cui puoi trovare informazioni dettagliate a questo link), le imprese globali hanno accelerato a ritmi serrati, con decisi incrementi produttivi rilevabili dai dati dell’ultimo trimestre. 

Ed è qui che nasce il problema: l’energia. 

Tutto questo movimento, questa accelerazione, deve essere alimentata e deve essere fatto in un momento particolarmente sfortunato, cioè adesso che la richiesta sta “naturalmente” crescendo a causa del periodo invernale incombente.

LA PRINCIPALE FONTE DI ENERGIA: IL CARBONE

Forse non tutti sanno che la principale fonte per la produzione di energia elettrica è il carbone (Grafico 01).

Grafico 01: Evoluzione storica della produzione di energia elettrica per risorse; 1985-2020. Fonte: BP Statistical Review

Potrebbe suonare provocatorio, ma in realtà, le macchine elettriche che acquistiamo con l’idea di ridurre l’inquinamento nel mondo, funzionano (in parte) a carbone.

Il Grafico 02 mostra la divisione percentuale delle risorse utilizzate alla produzione di energia elettrica nel 2020.

Grafico 02: Produzione elettrica 2020 divisa per risorsa; Fonte: BP Statistical Review.

La dura realtà è che il mondo non è pronto a convertire la produzione di energia elettrica da fonti inquinanti a rinnovabili.

Il cambiamento climatico ci sta obbligando a perseguire questa strada ma dal punto di vista pratico non c’è capacità; per crescere in questo senso occorrono investimenti e tanto tempo.

Per far fronte al problema energetico attuale, la Germania è stata obbligata a rivedere il trend diiscendente di consumo di carbone, ampliandolo nuovamente.

Ma il vero problema nasce nel continente asiatico: più del 60% della produzione di energia elettrica cinese è realizzata bruciando carbone; l’India addirittura raggiunge una quota del 70%.

La Cina è la più grande consumatrice di energia al mondo con uno share del 25% circa. L’india è al terzo posto con un 5% (Grafico 03).

Grafico 03: Consumo di energia mondiale, divisa per paese; Fonte: BP Statistical Review.

Per un confronto, gli Stati Uniti, utilizzano il carbone per produrre il 23% dell’energia elettrica.

La Germania, che detiene la più grande riserva di carbone dell’Unione Europea, è dipendente da questa risorsa per il 43%.

Si pensi che il 90% delle riserve mondiali di questa risorsa si trova in soli 10 stati (Grafico 04).

Grafico 04: Riserve mondiali di Carbone 2020.

Gli Stati Uniti detengono la quota più alta; Cina e India si collocano in top 5. Nella sostanza, chi dispone di grande quantità di carbone lo brucia per produrre energia elettrica.

L’Immagine 01 riassume le dinamiche di Esportazione mondiali, evidenziando anche gli stati con le maggiori riserve.

Immagine 01: Principali riserve mondiali, importazioni ed esportazioni, produzione e consumi di Carbone; Top 5 del 2019 pre-covid; flussi 2021.

Le icone rosse con il piccone rappresentano le principali riserve mondiali. Le frecce arancioni rappresentano la direzione import-export del flusso di carbone.

Nell’immagine, la riga rossa tratteggiata evidenzia il flusso d’esportazione dell’Australia verso la Cina, un flusso molto importate che da poco è stato tagliato (letteralmente azzerato) in risposta alle tensioni tra USA/Australia e Cina. Questo flusso è stato distribuito sugl’altri fornitori tra cui la Mongolia che, negli ultimi anni, ha visto una crescita esponenziale nella propria produzione di carbone e che si presenta come un mercato che nei prossimi 5 anni sarà destinato ad aumentare.

Come abbiamo detto, i maggiori consumatori di questa risorsa sono Cina e India; entrambe hanno a disposizione importanti riserve nel proprio territorio, ma il loro consumo è tale da dover ricorrere a forti importazioni.

Le vediamo cerchiate in rosso, con la relativa quota sul totale mondiale: la Cina, da sola, ne consuma più del 50%; è un dato impressionante.

LA DINAMICA DELLA CRISI ENERGETICA DEL 2021

Ora che abbiamo disponibile il quadro generale è facile capire quanto il mercato asiatico sia carbone-dipendente: le fabbriche richiedono energia elettrica per funzionare e la maggior parte dell’energia elettrica viene realizzata attraverso centrali termoelettriche alimentate a carbone.

Seppur la Cina sia leader nella produzione di elementi per lo sviluppo della green economy (pale eoliche, pannelli solari ecc…) la sua dipendenza dal carbone è tutt’altro che marginale.

In generale, la crisi energetica del 2021 che si è generata è stata determinata da una concomitanza di fattori:

  1. la fase pandemica ha spento le fabbriche portando il consumo energetico a minimi impensabili; per contrastare la crisi le banche centrali hanno adottato politiche monetarie ultra espansive generando una forte spinta della domanda e quindi attivando la ripresa;
  2. Intanto, il cambiamento climatico e la consapevolezza dell’opinione pubblica, ha portato i governi di tutto il mondo ad accelerare sulla conversione energetica, proprio in un momento di ripresa esponenziale dell’economia;

Da parte Cinese, abbiamo inoltre che:

  1. Tutto questo sta avvenendo durante il periodo freddo, sopratutto per la parte nord della Cina, con i consumi energetici alle stelle dovuti alla necessità di scaldare le abitazioni;
  2. Le tensioni geopolitiche tra USA e Cina hanno coinvolto anche l’Australia, a cui è stata commissionata la produzione di 12 sottomarini nucleari per ridurre l’egemonia militare nella regione; questo ha fatto indispettire il governo cinese che ha deciso di azzerare l’import di carbone con l’Australia, sostituendolo con quello indonesiano (primo esportatore al mondo), mongolo e russo; la casualità ha voluto che tra Agosto e Settembre l’Indonesia sia stata bombardata da piogge torrenziali che hanno costretto le miniere a sospendere l’estrazione, tagliando così le linee di rifornimento cinesi;

La domanda di carbone sta salendo in tutto il continente e, se pur le società minerarie stiano aumentando rapidamente la produzione, non sono comunque in grado di stare al passo.

Nel frattempo, sul lato Europeo, si sommano dinamiche decisamente differenti: l’unico stato ad essere ancora fortemente attaccato al carbone è la Germania, questo perché ne detiene delle riserve.

Le centrali nucleari francesi vengono impiegate per la creazione di energia elettrica in tutta Europa portando tale fonte ad essere la prima a livello comunitario (Grafico 05).

Grafico 05: Produzione elettrica Europea 2019 divisa per risorsa; Fonte: Eurostat.

Il vero problema dell’Europa è quindi il Gas, una risorse che produce internamente solo in pochissima parte, per il 13.5% dei suoi consumi totali.

L’ Immagine 02 mostra i flussi d’importazione di Gas Naturale verso l’Europa.

Immagine 02: Consumi e importazioni di Gas dell’Unione Europea. Fonte: Eurostat.

La Russia ha in pugno il 41% delle importazioni totali di Gas Europee, e rappresenta il 36% dei consumi totali. Questo condiziona molto le scelte di politica estera dell’Unione, obbligando i 27 stati a scendere a compromessi. In questo caso, infatti, Putin ha fatto leva sulla carenza di Gas (che in parte lui stesso ha generato) per velocizzare l’ultimazione del nuovo Gasdotto Nord Stream 2 che collega la Russia alla Germania bypassando Polonia ed Ucraina.

Il Gasdotto, che passa sotto al Baltico, è stato ultimato i primi giorni di Settembre e consentirà di raggiungere una quota quasi doppia di forniture Russe in Europa; questo significa che da un lato i prezzi del gas dovrebbero ristabilizzarsi ma contemporaneamente aumenterà ancora di più l’influenza geopolitica di Putin sull’Unione.

Inoltre, alcuni fattori casuali hanno peggiorato ulteriormente la situazione:

  1. L’imminente chiusura del pozzo di Groningen nei Paesi Bassi, uno dei principali pozzi Nord Europei che ha annunciato la chiusura per il 2022 a causa dei rischi sismici dovuti all’estrazione;
  2. La stagione estiva particolarmente sfortunata per i parchi eolici del Nord Europa che, a causa del poco vento, hanno visto una produzione di energia decisamente sotto la media.

Per quanto riguarda il Regno Unito invece, il problema è ancora differente: alla notizia che la carenza di trasportatori avrebbe potuto portare ad un possibile esaurimento di carburante nelle pompe di benzina del paese, la popolazione ha reagito accodandosi ai distributori per fare il pieno, autorealizzando le aspettative. 

Ovviamente non possiamo sapere se questo sarebbe successo lo stesso, ma sicuramente sappiamo che la causa principale è stata la reazione alla notizia. Il governo ha dichiarato di avere scorte sufficienti per far tornare la situazione alla normalità, valutando anche l’utilizzo di militari per il trasporto e, nel frattempo, aprendo le frontiere a migliaia di autotrasportatori.

È evidente che questa è una conseguenza dovuta alla Brexit, che si somma alla crisi energetica globale nel momento peggiore.

A ragion del vero, però, il prezzo del petrolio sta salendo anche fuori dall’Inghilterra, e questo è dovuto a diversi fattori:

  1. Fino al 30 di Settembre l’OPEC non ha trovato un accordo per l’aumento di produzione e questo ha alzato le tensioni sui mercati;
  2. I due ultimi uragani che si sono scaraventati sugli Stati Uniti hanno danneggiato alcuni impianti di estrazione, rallentandone la produzione;
  3. C’è stato un effetto indiretto dovuto all’innalzamento dei prezzi del gas che ha reso il petrolio relativamente più economico, trascinandone il prezzo verso l’alto.

Tutto questo, ha portato ad un aumento dei prezzi dell’energia allarmante che possiamo vedere nel Grafico 06.

Grafico 06: Prezzi storici di Petrolio, Carbone e Gas (scala mensile) indicizzati 100 = 01/01/2000; Fonte: FRED data.

Il Gas ha già raggiunto il massimo storico; al carbone manca poco.

Si potrebbe dire che per una volta non è tutta colpa solo del petrolio, anzi, il problema principale è proprio un altro: il prezzo del petrolio sta salendo per ragioni principalmente politiche ed un possibile rallentamento potrebbe essere facilmente realizzabile da un aumento di produzione dell’OPEC.

Per il Gas la situazione sta nel mezzo, tra cause politiche e dinamiche di domanda e offerta; sarebbe da accertare l’effettiva incapacità Russa di coprire per intero la domanda di Gas Europea.

Ma quello che crediamo essere il più preoccupante di tutti è quello meno discusso: il prezzo del carbone sta salendo a causa di un discostamento reale tra domanda e offerta.

CONCLUSIONI

Il cambiamento climatico comincia ad essere un problema percettibile anche nel quotidiano: venti che scelgono di non ripercorrere le stesse zone non facendo girare le farm eoliche del nord; uragani che si abbattono sugli oleodotti americani; piogge alluvionali che bloccano intere miniere asiatiche.

Il mondo è finalmente consapevole dell’effettivo problema ambientale; c’è volontà di cambiare verso una green economy ma farlo adesso significa partire in svantaggio, contro gli eventi atmosferici.

Il costo della transizione ecologica Europea sarà molto più alto di quello che sarebbe potuto essere partendo qualche decennio prima. Ora va fatto in fretta e non c’è tempo per non creare shock sui mercati. Gli shock ci saranno e ci sono tuttora.

Il passaggio transitorio dal Gas prima della totale liberazione dai carburanti fossili rischia di ripercuotersi sui cittadini Europei con costi decisamente alti.

L’Europa sta lavorando per contrastare questo problema, in Italia lo vediamo con gli incentivi 110% per cercare di ridurre la dispersione termica e quindi consumare meno energia. Un altro esempio sono le limitazioni per l’accensione del riscaldamento.

Ma intanto abbiamo altre distorsioni che remano contro, come il mining delle cripto valute che ad oggi ha raggiunto quota 0.5% del consumo totale di elettricità globale; una quota che potrebbe sembrare irrilevante ma è al pari del consumo energetico di stati come i Paesi Bassi, Norvegia o Emirati Arabi. 

Il paradosso è che mentre in alcune zone d’Italia bisogna aspettare il 15 di Ottobre per accendere il riscaldamento nonostante le minime che si avvicinano ormai allo zero, in alcuni appartamenti potremmo trovare computer dotati di molteplici schede video di ultima generazione accesi giorno e notte al solo scopo di minare bitcoin.

Ma con un’inflazione che sale e costi base di vita sempre più alti, di fatto, come sempre, saranno le fasce meno abbienti a risentirne.

Queste situazioni non sono sostenibili e quando le cose devono cambiare, l’input parte dalle banche centrali.

A questo punto non è più questione di Tapering, ma si è forse avvicinato il momento di decisioni più serie: se la situazione continuerà su questa strada, non è più così impensabile un aumento dei tassi prima della fine dell’anno.

POST SCRIPTUM

Speriamo che le argomentazioni trattate possano coinvolgere i lettori al fine di sviluppare approfondimenti interessanti. Eventuali idee saranno prese in considerazione ed eventualmente sviluppate. Il team di The Sigma Squared fa ricerca e pubblica i risultati in modo gratuito. Approfittatene.
NOTA: Ricordiamo che il presente articolo non è un consiglio di investimento. L’autore NON è un consulente finanziario. Il vostro capitale è a rischio.

Kris Vandelli

Kris Vandelli

Laureato in Economia e Finanza, investo da oltre 10 anni; la mia passione per la statistica mi ha portato ad approcciare i mercati in termini prevalentemente matematici.

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