Per la natura del proprio business, alcune società sono soggette a stagionalità, un fenomeno che si riflette sulle vendite e di conseguenza sui prezzi azionari.
Ma come possiamo fare ad individuarla?
Questo breve articolo presenta un approfondimento, il confronto della stagionalità nelle diverse fasi di mercato, analizzando indici quali il Nasdaq, l’ S&P 500 ed il MIB.
LA PRECEDENTE RICERCA
Nell’articolo “I mesi migliori per investire in USA” di ottobre 2021 abbiamo spiegato il nostro approccio al tema della stagionalità, mostrando una breve e semplice analisi realizzata sul mercato americano.
L’articolo mostrava come alcuni mesi piuttosto che altri presentassero una tendenza a performanre meglio, approcciando il problema da una “prospettiva alta”, senza entrare nel dettaglio.
Qui presenteremo qualcosa che potrebbe esserci d’aiuto nell’orientarci nell’attuale fase di mercato.
LA STAGIONALITA’ NEI DIVERSI MOMENTI DI MERCATO
L’approfondimento trattato in questa analisi riguarda la scomposizione della stagionalità nelle sue componenti di bull e bear market; per farlo introdurremo una dummy (una variabile che può assumere due valori) che identifichi le due diverse fasi, assumendo valore “1” in mercato bull e “0” per la fase bear; essa sarà in funzione del segnale dato dall’incrocio di un banale MACD mensile con la sua signal line.
In realtà prenderemo di riferimento i minimi ed i massimi nell’intorno del segnale del macd in modo da essere più puntuali nel definire le due fasi di mercato (essendo appunto il MACD un indicatore “lagging”, cioè che fornisce un segnale in ritardo); ovviamente questo può essere fatto solo ex-post, ma a noi non interessa creare un segnale anticipatorio anzi, al contrario, ci occorre capire come la stagionalità si sia presentata nel passato.
Il Grafico 01 presenta i risultati agglomerati per quanto riguarda il Nasdaq.
Le linee verdi rappresentano il limite superiore di un intervallo di confidenza al 90% costruito intorno alla media attraverso una t-Student e quelle rosse il limite inferiore. Chiaramente, la presenza di entrambe le linee sopra o sotto allo zero presuppongono una direzionalità che potremmo interpretare come un’intensità della stagionalità maggiore.
Prendendo in considerazione i dati dal 1971, possiamo notare come i rendimenti abbiano avuto le performance migliori nel mese di gennaio, quasi a voler confermare quanto sta accadendo oggi.
Ad onor del vero dobbiamo far notare che anche novembre e dicembre sono mesi in cui il Nasdaq ha avuto in media ottime performace.
Vediamo ora la scomposizione dei rendimenti nelle due fasi di mercato, bull market (Grafico 02) e bear market (Grafico 03)
Il Grafico 02 riconferma quanto appena visto nel primo e cioè che gennaio presenta le migliori performance in fase bull.
Forse più interessante è il Grafico 03 che invece mostra come febbraio sia tra i mesi peggiori nelle fasi bear di mercato, insieme ad agosto e settembre.
Sul S&P 500 troviamo risultati decisamente diversi (Grafico 04).
Considerando le performance conglomerate, tra i mesi migliori emergono aprile, novembre e dicembre.
Scomponendo nelle due fasi di mercato invece risulta che, come per il Nasdaq, gennaio ottiene le ottime performance in fase bull (Grafico 05).
Questo significa che ci deve essere una forte componente contraria nelle fasi bear in sostanza è un mese apparentemente direzionale: produce ottime performance se il mercato sale, ma pessime se il mercato scende (Grafico 06)
Oltre a gennaio, l’S&P 500 ottiene pessime performance anche in febbraio (oltre ad agosto e settembre).
STAGIONALITA’ NEL FTSE MIB
Per coloro a cui interessa il mercato italiano, presentiamo qui di seguito la stessa analisi realizzata sul nostro indice; le performance in termini agglomerati sono illustrate nel Grafico 07.
In generale, non abbiamo una evidenza in termini di mesi migliori, possiamo, però, individuare i mesi peggiori per il Mib, che sono rappresentati da maggio e giugno.
Il Grafico 08 mostra la scomposizione delle performance per la fase bull di mercato; il Grafico 09, invece, presenta i risultati della fase bear.
Anche in questo caso, pur non essendo il migliore, gennaio si distingue nelle fasi bull. Il peggiore in fasi bear, invece, risulta essere settembre.
CONCLUSIONI
Abbiamo mostrato la scomposizione delle performance di mercato per fasi di mercato di alcuni dei più importanti indici.
Come già detto nelle precedente analisi, l’utilizzo di una t-student e quindi l’assunzione di normalità del mercato, è semplificatrice e tendenzialmente fuorviante e deve essere quindi valutata considerandone i limiti.
Inoltre ricordiamo che i risultati passati non possono essere considerati indicazioni per quelli futuri.
Aggiungiamo infine che la stagionalità come fattore entra nei mercati insieme a decine, se non centinaia, di altre forze che possono agire nella stessa direzione o in quella opposta; questo significa che la stagionalità deve necessariamente essere contestualizzata e analizzata nell’insieme.
I risultati qui presentati sono quindi “sporcati” da altri fattori che abbiamo (per semplicità) ignorato.
Consapevoli di questo, possiamo concludere facendo notare che il mercato americano ha realizzato una performance in dicembre assolutamente in linea con un bear market medio, ma sta controbilanciando con un gennaio assolutamente fuori media per un bull market.
Per avere un’indicazione più chiara, concludendo sulla sola base del fattore stagionale, per la continuazione dell’attuale bear market, dovremmo vedere performance decisamente negative a febbraio. In caso contrario, cioè con una chiusura di gennaio sopra la media e un febbraio positivo, dovremmo valutare la possibilità di essere entrati in un bull market.
Attenzione: le informazioni qui riportate sono ad unico scopo di ricerca e non possono essere utilizzate per nessuna ragione come segnali di trading o intese come consigli d’investimento.