La frammentazione dei portafogli finanziari avviene in buona parte da analisi quantitative che si basano sulla ricerca delle basse correlazioni tra strumenti finanziari.
Il problema è che nel caso di un evento imprevisto, un cigno nero, come quello del Corona Virus, le leggi su cui si basano queste analisi vengono sconvolte, alzando le correlazioni anche tra titoli che non hanno nessuna apparente relazione.
Ma quindi che valenza hanno questi studi? I premi al rischio definiti su questi strumenti non sono sottostimati?
L’ANALISI QUANTITATIVA
Da un lato la globalizzazione e dall’altro la complessità crescente della finanza moderna hanno portato alla ricerca sempre più accurata della diversificazione; diversificazione utile per la gestione di portafoglio, ma anche per la costruzione dei prodotti di finanza strutturata.
É qui che entra in gioco l’analisi quantitativa, un lavoro da statistici e matematici che, analizzando lo storico degli strumenti finanziari, tentano in un qualche modo di costruire “pool” di strumenti con correlazioni basse, in modo da amentare la diversificazione, ottenere più bassi fattori di rischio e quindi rating migliori.
LA CORRELAZIONE
La correlazione tra strumenti finanziari dipende da innumerevoli fattori: le agenzie assicurative, per esempio, danno particolare attenzione alla caratteristica geografica, cioè dove sono collocati fisicamente i propri clienti; più tipicamente, si può immaginare correlazioni tra imprese di stessi comparti economici: ad esempio, si può facilmente immaginare che le imprese high tech della Silicon Valley saranno legate in un qualche modo alle oscillazioni dei prezzi del silicio. Questo significa anche che, nel caso opposto, un’impresa che si occupa di estrazione di minerali sarà tendenzialmente scorrelata da una operante nel settore alimentare, come ad esempio può esserlo McDonald’s.
L’utilità della conoscenza della correlazione tra strumenti finanziari sta nel fatto che se invece di investire tutto il capitale in uno solo titolo, si decidesse di allocarlo in più di uno non correlati tra loro, si otterebbe un rischio di investimento minore. Più titoli scorrelati avrò in portafoglio e più avrò abbassato il rischio complessivo del mio investimento. Questo processo di diversificazione può essere studiato in modo apparentemente molto preciso attraverso metodi di analisi quantitativa.
L’ILLUSIONE DELLA DIVERSIFICAZIONE
Il problema è che queste correlazioni non sono rappresentate da valori costanti, ma dipendono da molteplici fattori e (cosa ancora più grave) ci saranno sempre eventi capaci di sconvolgere improvvisamente tutte le relazioni.
Occorre quindi porsi il problema se il rischio dell’evento imprevisto sia stato o meno incluso, in qualche misura, all’interno dei premi al rischio dei rendimenti previsti dalle analisi quantitative perchè, se l’analista di turno, per anni, ha lavorato costantemente per raggiungere composizioni diversificate ottimali, ottenendo rendimenti costanti e a basso rischio (che per loro natura sono anche di “piccola” entità) e poi incappa in un evento imprevisto, un outlier, con un impatto tale da azzerare ogni profitto in poche settimane, allora sorge spontaneo chiedersi a cosa è servito il suo lavoro.
L’ANALISI DELLE CORRELAZIONI
Il grafico presentato in questa analisi mette in evidenza questo problema, considerendo la correlazione dinamica a 100 osservazioni giornaliere (prezzi di chiusura) di titoli azionari che, in “normali” condizioni economiche, hanno diverse correlazioni o sono del tutto scorrelate tra loro.
I titoli in esame sono:
- Apple (APPL – NASDAQ) per il settore tecnologico
- McDonald’s (MCD – NYSE) per il settore alimentare
- ExxonMobil (XOM –NYSE) per il settore energetico
- BHP Group (BHP – NYSE) per il settore minerario
Per fare un esempio, l’aspettativa dovrebbe essere quella che un potenziale evento che minacci il settore tecnologico (la nascita di una nuova tecnologia di comunicazione ad esempio) non abbia un effetto così forte su un settore come quello alimentare che risponde ad altri tipi di scenari.
Quello che mostra questo grafico, è che le correlazioni nel 2019 tra i titoli considerati erano tra le più svariate, da assenti o quasi come per McDonald’s con BHP o Exxon, a correlazioni più alte ma nell’ordine di 0.6 tra Exxon e BHP che ha un senso logico dato che comunque occorre molta energia per l’estrazione mineraria.
Al 20 Marzo 2020 queste correlazioni aumentano tutte improvvisamente: il Corona Virus vanifica tutti i precedenti calcoli di correlazioni possibili, portando tutti i titoli tra 0.7 – 0.8 sconvolgendo quella che dovrebbe essere la diversificazione “naturale” dei titoli.
La più sconvolgente è la correlazione tra McDonald’s e BHP, che passa da circa zero ad inizio 2020 a quasi 0.8 tre mesi dopo.
COME SALVARSI DAL CIGNO NERO
Questo Cigno Nero ha portato a perdite di portafoglio che in alcuni casi hanno azzerato rendimenti di anche 5-10 anni. Questa catastrofe avrebbe portato sicuramente a potenziali crisi nel comparto finanziario che avrebbero avuto potenziali effetti devastanti sull’economia. L’unica soluzione possibile, per cercare di tenere tutto in piedi, è stato l’intervento massivo (mai come prima) delle banche centrali, con piani di acquisto di titoli a dir poco colossali.
Si potrebbe quindi dire che il lavoro dell’analisi quantitativa, i risultati di lungo termine delle scelte di portafoglio, siano state salvate dall’operato delle banche centrali e non dalle scelte degli operatori?
LE FERIE DEGLI ANALISTI
Ad oggi, le correlazioni tra titoli rimangono ancora costantemente alte; una correlazione persa in un limbo che sembra voler richiamare un’attesa alla normalità, ma che vuole anche fungere da monito a chi pensa ancora che i Rho (le correlazioni) possano essere considerate delle costanti.
Ci chiediamo quindi se, dati i livelli di correlazione tra titoli, gli analisti quantitativi abbiano deciso di prendersi un periodo di ferie, unendosi all’attesa di ritorno alla normalità.