In agosto abbiamo mostrato le differenze di costruzione tra portafogli in risk parity e tecnica All Weather, con varie metodologie di ponderazione.
In questa analisi approfondiremo l’argomento mostrando un metodo di simulazione per proiettare nel futuro le performance in termini probabilistici oltre ad alcune tecniche di valutazione del rischio, utili per confrontare le performance di portafogli decisamente diversi tra loro.
Le tecniche verranno applicate ai precedenti risultati con lo scopo di mettere in evidenza le caratteristiche delle diverse strategie d’investimento.
PORTAFOGLIO ALL WEATHER
Nel nostro precedente articolo “Come costruire un portafoglio All Weather come Ray Dalio” abbiamo riassunto varie metodologie di ponderazione di portafogli realizzati su ETF, sufficientemente diversificati da poter rispondere bene a diversi scenari macroeconomici; nell’analisi si mostrava in dettaglio alcuni metodi di clusterizzazione per la definizione delle asset class da inserire a portafoglio insieme a diverse tecniche di ponderazione, alcune basate sulla probabilità di accadimento di determinati scenari macroeconomici.
L’analisi concludeva confermando come questo genere di portafogli fosse in grado di abbattere il drawdown massimo, contenendo la volatilità senza ridurre eccessivamente i rendimenti, ottenendo quindi dei valori di Sharpe Ratio apprezzabili.
Il Grafico 01 mostra i risultati di alcune strategie viste nella precedente analisi, simulandone la performance passata su un capitale di partenza di 10.000 dollari ad inizio 2015.
La tendenza delle curve è molto simile; quello che cambia è la modalità di raggiungimento dei risultati: la Tabella 01 riassume le principali caratteristiche di performance.
Come si può osservare nella prima riga, il drawdown massimo è molto variabile infatti passa da un minimo di circa 7% fino a quasi un massimo del 16%. Questi sono livelli di rischio differenti che dovrebbero essere valutatati in base alla propria propensione al rischio.
Aumentare la propensione al rischio dovrebbe portare a performance di lungo termine potenzialmente migliori; in effetti possiamo rilevare correlazione inversa tra drawdown massimo e rendimento.
Per avere un confronto immediato tra diversi portafogli, la precedente analisi aveva messo in evidenza lo Sharpe Ratio delle varie strategie (ultima riga di Tabella 01) offrendo un confronto diretto in termini di rendimento per unità di rischio sostenuta (risk free ipotizzato = 0).
Questa tabella evidenzia alcuni dettagli importanti: una semplice Risk Parity, cioè una strategia che pondera le proprie componenti per il livello di rischio, può ottenere già di per sé buone performance con uno Sharpe Ratio pari a 0.68.
Ma se utilizziamo tecniche di clusterizzazione per la selezione delle asset class e ponderiamo gli scenari per il rischio, allora possiamo ottenere un Sharpe ratio molto più alto, fino a 0.80.
VALUE AT RISK (Var) e CONDITIONAL VALUE AT RISK (CVaR)
Arrivati a questo punto, possiamo dire che tra quelle realizzate non c’è una strategia ottimale in termini assoluti, ma bendì potrebbero esserlo in termini relativi rispetto alla tipologia d’investitore e la relativa propensione al rischio.
Per capire il proprio livello di avversione al rischio ci sono diversi metodi: il massimo drawdown (già utilizzato in precedenza) ci mostra il crollo massimo che ha subito il portafoglio in un determinato periodo di tempo.
Oltre a quello possiamo utilizzare il Value at Risk (VaR) cioè l’ammontare massimo che entro la fine del periodo in considerazione posso aspettarmi di perdere con un certo livello di confidenza.
Il VaR può essere calcolato in diversi modi; tra questi esiste un metodo empirico che consiste nel considerare il “cut-off” della distribuzione dei rendimenti passati del nostro portafoglio, cioè il valore più a sinistra della distribuzione che mi divide il 95% di probabilità dal restante 5%.
Questo valore mi dice che sotto al suo livello c’è solo un 5% di probabilità di fare peggio.
Il Grafico 02 illustra il cut-off del VaR settimanale del S&P500 rispetto alla strategia Risk-Parity (nel periodo considerato nella precedente analisi).
Come si può notare il livello del cut-off nella Risk Parity è molto più contenuto rispetto a quello del mercato rappresentato dal S&P 500, infatti i suoi rendimenti sono molto più concentrati, riducendo l’incertezza del risultato ad un range molto più ristretto.
Se fossimo investiti unicamente nel S&P 500 dovremmo aspettarci (con un livello di confidenza del 95%) una perdita massima settimanale del -3.57%. Con la strategia Risk Parity invece sarebbe ridotta a -0.66%.
Sono quindi evidenti i benefici della costruzione di un portafoglio diversificato.
Il VaR è espresso in termini di ammontare di capitale massimo sottoposto a rischio di perdita, cioè quanto potrei potenzialmente perdere nel periodo considerato; in questo caso, considerando un investimento di 10.000 euro, il VaR in termini annuali delle varie strategie considerate sarebbe il seguente:
La tabella mostra chiaramente che la strategia più rischiosa è quella di investire tutto in azionario, con una perdita massima potenziale di 2.574 euro al 95% che arriva fino a 5.473 se consideriamo il 99% di confidenza.
La strategia più contenuta è proprio la Risk Parity, presentando una perdita massima annuale di 475 euro che diventa uguale a 870 euro se consideriamo un livello di confidenza del 99%.
La strategia che presentava lo Sharpe Ratio più alto, la All Weather clusterizzata con il Gold come unica commodity al suo interno, è tra le più alte di VaR, con una perdita massima nell’arco dell’anno di 1025 euro (95%).
Il VaR ci consente di farci un’idea immediata del potenziale rischio a cui stiamo andando incontro, ma non ci dice nulla di cosa potrebbe succedere nel caso in cui il livello di confidenza considerato venisse superato.
Per questo possiamo farci aiutare dal Conditional Value at Risk (CvaR) chiamato anche “Expected Shortfall” (ES) che mostra quanto in media possiamo aspettarci di perdere nel caso in cui la soglia di confidenza (il cut-off) venisse oltrepassato.
Il Grafico 03 ci mostra il valore di CvaR del precedente esempio:
I rettangoli evidenziano le parti di curva dei rendimenti che il CvaR considera nel calcolo; i valori considerati partono dal cut-off precedente ma vanno nel verso opposto infatti il CvaR è una media dei rendimenti che si posizionano nella coda sinistra della distribuzione.
In questo caso, sempre con metodo empirico (quindi non sotto l’ipotesi di normalità dei rendimenti, ma andando a verificare l’effettiva distribuzione) abbiamo calcolato i valori dell’Expected Shortfall delle stesse strategie precedentemente viste (Tabella 03).
I valori di perdita sono chiaramente più alti di quelli del VaR dato appunto che stiamo analizzando la coda sinistra, cioè il caso in cui fossimo così sfortunati da capitare all’interno di quelli che potremmo chiamare “Cigni neri” (eventi imprevisti).
Ovviamente i dati devono essere letti in un’ottica temporale opportuna: nel nostro caso abbiamo trasformato valori settimanali in annuali, ma sappiamo bene che più si allunga l’orizzonte temporale d’investimento e più probabile diventa la percentuale di successo.
Dobbiamo però essere consapevoli della potenziale volatilità e delle possibili perdite che eventi rari potrebbero generare.
RENDIMENTI ATTESI: METODO MONTE CARLO
Tutt’ora che abbiamo definito una dimensione di perdita in termini probabilistici con VaR e CVaR, per valutare al massimo le potenzialità delle strategie analizzate, abbiamo bisogno di capire anche cosa possiamo aspettarci dal futuro in termini di rendimento.
Questo aspetto può essere affrontato con una simulazione Monte Carlo: è un metodo che si basa su scenari passati per simularne dei futuri in termini probabilistici.
Ovviamente ha i suoi limiti: l’ambiente evolve e con lui i mercati; questo fa sì che più si guarda lontano nel passato e meno si avrà una situazione rappresentativa dei mercati di oggi. Inoltre, più guardiamo in là nel futuro e più la nostra previsione sarà soggetta ad incertezza e quindi avrà un livello d’errore più ampio.
Ma è anche vero che per una certa misura i mercati presentano elementi ricorrenti, ciclicità ed altre caratteristiche che possono aiutarci nel definire le nostre aspettative, che non significa prevedere cosa effettivamente potrà accadere, ma soltanto creare una serie di scenari possibili capaci di orientare le nostre aspettative.
La versione del metodo Monte Carlo da noi utilizzata si basa su alcuni assunti, tra cui:
- Nel lungo periodo la distribuzione dei rendimenti non è a media zero, ma a media costante parametrizzata sul passato;
Assunto che crediamo sia plausibile parlando di investimenti di lungo periodo.
Per ogni strategia sono stati simulati 5000 scenari definiti attraverso una estrazione casuale dei rendimenti passati; di questi scenari abbiamo rappresentato la media ed i due percentili al 95% e al 5% realizzando quindi un livello di confidenza del 90%.
La simulazione è stata fatta sui successivi 2 anni, con valori settimanali (Grafico 04).
La curva grigia nel grafico rappresenta lo scenario “normale” (o forse sarebbe meglio chiamarlo “medio” atteso); la curva verde e quella rossa rappresentano rispettivamente il percentile 95% e 5% degli scenari simulati, quindi lo scenario migliore e quello peggiore nell’intervallo di confidenza considerato.
Lo stesso processo lo possiamo ripetere sulle strategie viste in precedenza, ottenendo così una previsione per ognuna (Grafico 05).
La strategia più performante, la All Weather clusterizzata (senza commodities, escluso l’oro), è messa in evidenza nel Grafico 06.
Il grafico permette di farci un’idea delle potenzialità della strategia, mostrando cono che racchiude il 90% degli scenari simulati; la nostra aspettativa quindi sarà quella di vedere lo sviluppo dello scenario vero all’interno del cono con una confidenza del 90%.
CONCLUSIONI
Abbiamo visto alcuni metodi di confronto per valutare la rischiosità di diverse strategie e li abbiamo applicati a quelle già viste nell’analisi dell’ All Weather di Ray Dalio.
Ancora una volta abbiamo visto come non esista una strategia ottimale in termini assoluti e come sia necessario ricamare intorno all’investitore quella che più si addice alla sua propensione al rischio.
Inoltre, il metodo Monte Carlo (in tutte le sue varianti) può aiutarci a sviluppare degli scenari probabilistici in modo da analizzare la strategia anche in termini di aspettative future, ottenendo un’analisi a 360° che mostri il livello di rischio necessario per ottenere un possibile obiettivo di investimento.